"La settimana azzurra - intervista con Carlotta Gilli"

intervista a cura di Silvia Scapol 

Per la nostra rubrica "La settimana azzurra" incontriamo oggi Carlotta Gilli.

Ho cominciato a nuotare da piccola, andavo in piscina controvoglia in piscina. I miei genitori sono entrambi medici e fin da quando ero piccolina ci tenevano che nuotassi perché "faceva bene”. Ho capito che non avevo grande scelta, erano molto decisi, e così hai iniziato a frequentare la piscina.

Il giorno in cui ho fatto la mia prima gara e ho vinto il mio primo oro ho capito che nuotare era esattamente ciò che volevo fare da grande. Da quel momento in poi non ho mai più pensato ad altro.

La Federazione Italiana Nuoto Pralimpico è una grande federazione che sta crescendo tantissimo. Sono entrata in nazionale nel 2017 e credo sia stato un anno importante, c’è stato letteralmente un boom. Ci sono molti giovani che si sono affacciati a questo movimento e l’augurio che mi faccio è che continuino per poter essere il ricambio generazionale dei più grandi. È davvero un bel gruppo: tra di noi siamo molto uniti e cerchiamo di coinvolgere i nuovi perché si sentano completamente parte di questa realtà.

Il nuoto paralimpico purtroppo viene visto ancora come uno sport di serie B rispetto al nuoto nuotato dagli atleti FIN. Mi auguro che in un futuro si possa parlare di un’unica federazione perché di fatto il nuoto è uno solo. Mi rendo conto che non siamo visti come degli atleti veri, ma in realtà è ciò che siamo. Ci alleniamo esattamente come i normodotati, anzi, a volte anche un po di più.

L’acqua azzera ogni diversità, in acqua siamo tutti uguali. Questa è la peculiarità del nuoto e non è cosa da poco. La stessa cosa non si può dire per altre discipline sportive.

Vedere atleti di varie età che si allenano insieme è stimolante. Osservo i giovani e ricordo ciò che provavo io i primi anni: l’entusiasmo mescolato a una sorta di timore reverenziale nei confronti di chi è più grade di te e più esperto. Il segreto è quello di entrare in punta di piedi, inglobandoti in un grande gruppo senza neanche rendertene conto. È bello avere nuovi atleti in squadra.

Pensando a Parigi 2024 credo che il Mondiale di Manchester di quest’anno e l’Europeo del prossimo siano due tappe molto importanti per ottenere buoni risultati e per testare lo stato di forma in vista dei Giochi. È difficile vincere ma è ancora più difficile riconfermarsi. Per Parigi avrò dalla mia l’esperienza, perché non sarà la prima volta, dall’altra penso che si tratterà comunque di una cosa completamente nuova perché Tokyo l’abbiamo vissuta con la pandemia, invece Parigi ci si augura di viverla in totale normalità, con il pubblico e tutto il resto. Il mio sogno di bambina era andare ai Giochi Olimpici e vincerli, nel momento in cui tutto questo è diventato realtà ho stabilito un punto di arrivo e contemporaneamente un punto di partenza, una rampa di lancio per le gare future. L’Olimpiade per un atleta è come la casa di Babbo Natale per un bimbo.

Il messaggio che vorrei dare ai ragazzi che si stanno avvicinando al nuoto paralimpico è quello di non mollare mai. Le difficoltà ci sono sempre, tutti i giorni. Ma sono quelle che ci consentono di essere vivi, che ci stimolano ad andare avanti e fare sempre meglio. E poi vorrei dire loro di credere sempre nei loro sogni. Quando ero un pò più piccola, alla domanda “Cosa vuoi fare da grande?” rispondevo che volevo fare l’atleta. Come risposta avevo lo sguardo impietosito della gente, al punto che con il passare del tempo rispondevo con un “Non lo so”. Ci ho creduto e ce l’ho fatta. Tante persone proveranno a mettere il bastone tra le ruote, l’importante è avere chiaro l’obiettivo e non perderlo mai di vista.

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