intervista a cura di Silvia Scapol
Per la nostra rubrica "La settimana azzurra" incontriamo oggi Alessia Scortechini.
"Sono in nazionale FINP dal 2017, con il Mondiale del Messico. Prima ho sempre nuotato con la FIN, da quando avevo quattro anni. Nel 2017 ho intrapreso il duplice percorso FIN e FINP. Le mie tappe più significative a livello FIN sono stati i Campionati Giovanili. Non avevano grande fiducia nelle mie possibilità perché avendo una disabilità questo veniva visto come un limite per raggiungere determinati risultati. Però sono molto testarda e quindi quando mi dicevano che non potevo farcela io mi intestardivo e andavo avanti a testa bassa. Con la FINP ho una gara che mi è rimasta nel cuore ed è il 100 delfino del Mondiale di Londra dove sono riuscita a conquistare un argento. Era un periodo un pò particolare, avevo perso la strada, non mi sentivo più convinta di me. Quel risultato mi ha sbloccato per poi continuare.
Tokyo era un sogno che si è avverato: l’ho vissuta in maniera molto tranquilla perché volevo godermi il momento. Ci sono stati dei quarti posti a livello personale ma poi c’è stato il podio con la staffetta. Non ce lo aspettavamo ma siamo riuscite a salire sul gradino più alto. Ora sto lavorando per riuscire a togliermi di dosso questi quarti posti e Parigi spero possa essere l’occasione giusta.
Dopo Tokyo ho cambiato allenatore e ho intrapreso un percorso diverso. Abbiamo lavorato molto sulla tecnica di nuotata e ora stiamo costruendo con decisione quelle che saranno le gare, quindi con allenamenti molto specifici per l’obiettivo finale. È tutto concentrato in un anno, ma sono sacrifici che faccio volentieri e con determinazione, visto che la posta in palio è una seconda Paralimpiade. Le mie gare sono i 50 e i 100, quindi gare veloci, dove non sono ammessi errori.
Mi alleno con un gruppo FIN e devo dire che per me, che sono in una classe alta, le differenze praticamente non ci sono. Non ho trovato differenze tra una federazione e l’altra. Sicuramente FINP è una grande famiglia. Non è facile capire al di fuori come funziona questo movimento e tutto ciò che ci sta dietro. All’inizio ero molto intimidita e fino a che non sono entrata a far parte della FINP ho faticato ad accettare la mia disabilità, perché non mi ero mai confrontata con persone con la mia stessa disabilità o addirittura più grave. Entrare in questo ambiente mi ha fatto accettare ciò che ero e non rendere la mia disabilità un ostacolo ma uno stimolo, per me stessa e per gli altri.
La mia precedente allenatrice, quando è venuta a vedere qualche mia gara, è tornata in vasca dai suoi atleti normodotati dicendo loro che non accettava frasi del tipo “Non ce la faccio” oppure “Questa gara non la voglio fare”. Ha respirato il senso di sacrificio che facciamo e di come non ci fermiamo di fronte a un limite che oggettivamente c’è. Il messaggio è che se ci crediamo e lo vogliamo, possiamo farcela".
"La Settimana Azzurra"